Fleboterapia Rigenerativa Tridimensionale TRAP
Cos’è la TRAP?
Con la fleboterapia rigenerativa tridimensionale ambulatoriale (Trap) è possibile rinforzare e restringere le pareti delle vene perforanti e superficiali degli arti inferiori. In questo modo la capacitanza eccessiva del circolo ritorna alla norma, scompare la sensazione soggettiva di gambe pesanti e le vene visibili spariscono alla vista. Il trattamento non è aggressivo ed è senza effetti collaterali di rilievo. Per ottenere questo scopo s’inietta ordinatamente una soluzione di sodio salicilato in veicolo idroglicerico tamponato, a concentrazione non obliterativa, in tutti i vasi visibili a occhio nudo o con la transilluminazione. La soluzione è iniettata in quantità sufficiente a raggiungere le vene perforanti, seguendo il percorso inverso di formazione delle ectasie venose. L’efficacia del trattamento causale è dimostrata dalla scomparsa permanente dei vasi visibili.
La metodica è stata resa possibile dalla messa a punto di nuovi concetti di fisiopatologia venosa che tra l’altro consentono di minimizzare gli aspetti diagnostici strumentali tradizionali.
Introduzione
La fleboterapia rigenerativa tridimensionale ambulatoriale (Trap) è una cura della malattia varicosa che rinforza la parete delle vene, restringe il lume, ripristina la funzione valvolare e fa scomparire alla vista tutti i vasi visibili: vene varicose, venule e teleangectasie capillari. La Trap è una metodica iniettiva non obliterativa che agisce sulle pareti dei vasi del circolo perforante e superficiale. Per descrivere i suoi effetti usiamo il termine rigenerazione, che significa ripristino della struttura vascolare alterata e della funzione. La Trap si basa sull’ipotesi che la causa più frequente delle vene varicose delle teleangectasie negli arti inferiori derivi dall’indebolimento della parete delle vene perforanti e dalla conseguente incontinenza valvolare (fig. 1). Per rinforzare la parete, ridurre il calibro delle vene e ripristinare la continenza valvolare iniettiamo in tutti i vasi visibili a occhio nudo e con la transilluminazione, una soluzione sclerosante a concentrazione non obliterativa. La soluzione di salicilato di sodio dal 3% al 6% in veicolo idroglicerico tamponato (Bisclero), è iniettata in quantità sufficiente a entrare in contatto con le vene perforanti (da 0,5 ml a 3 ml).
La cura è tridimensionale perché la patologia venosa è una patologia tridimensionale e pertanto non può essere trattata efficacemente con le terapie bidimensionali come quelle tradizionali (scleroterapia, flebectomie, laser e HF endovasali, laser o Timed percutanei
ecc.). La cura è eseguita in tutte le regioni dell’arto, perché la meiopragia è diffusa a tutte le pareti venose del circolo superficiale e perforante.
Limitare il trattamento terapeutico esclusivamente dove sono presenti vene visibili non corregge le alterazioni emodinamiche del circolo e predispone inevitabilmente alle recidive.
La Tecnica
La Trap utilizza siringhe da 2,5 ml con aghi del 26G o del G30 0,5G e una soluzione sclerosante a concentrazione non obliterativa. Utilizziamo dal 3% al 6% di una soluzione di salicilato di sodio in veicolo idroglicerico tamponato. L’arto inferiore è diviso in tre regioni funzionali: la regione mediale, posteriore e laterale (fig. 5).
La prima regione a essere iniettata è la regione mediale del piede, del polpaccio e della coscia, poi si inietta la regione posteriore dell’arto, poi la regione laterale; normalmente si iniettano da 18 a 48 ml. L’efficacia del trattamento è dose dipendente. L’operatore inizia a iniettare la corona flebectasica del piede nella regione mediale. Solitamente si inizia dall’arto con patologia più evidente. Dal basso verso l’alto si iniettano ordinatamente tutti i vasi visibili a occhio nudo o con la transilluminazione (fig. 7): teleangectasie, venule, vene reticolari, vene perforanti,vene tronculari. La quantità di soluzione iniettata in ogni singola iniezione deve essere sufficiente a interessare le vene perforanti e varia da 0,5 ml a 3 ml. Normalmente la maggior quantità di soluzione per singola iniezione è iniettata nelle vene ectasiche della coscia.
Nella pratica clinica, il primo ciclo d’iniezioni nelle tre regioni è eseguito alla minima concentrazione efficace della soluzione (3%), nelle successive sedute è possibile diminuire progressivamente la diluizione della soluzione fino al 6%. È necessario tenere presente che più i vasi sono dilatati, più la concentrazione della soluzione deve essere ridotta. Una parete molto dilatata è più sensibile all’azione chimica per le gravi alterazioni strutturali e per i marcati aspetti infiammatori della parete.
Terminata l’iniezione della quantità prestabilita di soluzione, il paziente rimane immobile sul lettino per circa due minuti per prevenire una rapida dispersione della soluzione in circolo. Successivamente, il paziente è bendato o indossa le calze elastiche. Le calze elastiche dovranno essere indossate tutti i giorni, possibilmente per almeno sei mesi dalla fine del trattamento, per permettere la stabilizzazione della fibrosi parietale di rinforzo delle pareti venose. È consigliabile, per tutta la durata del trattamento, una terapia antiaggregante.
A tale scopo utilizziamo un fitoterapico titolato in cui quattro dei nove componenti agiscono sub-dose in quattro punti diversi dell’aggregazione piastrinica (Angiovein, Piam), diminuendo l’aggregazione ma senza scoprirla completamente come avviene con l’acido acetilsalicilico. Per motivi emodinamici è trattato un solo arto per volta: è preferibile, infatti, raggiungere la continenza valvolare nel più breve tempo possibile per evitare che l’ipertensione anomala ancora presente nelle aree non trattate possa rallentare il ripristino funzionale delle aree iniettate. I trattamenti limitati a una o più piccole aree non possono dare una garanzia di persistenza del risultato perché le ipertensioni di aree anche distanti da quella dove è stato effettuato il trattamento non lo consentono. Se si desidera bloccare l’evoluzione della malattia varicosa è necessario iniettare tutti i vasi superficiali che costituiscono le nostre porte per la rigenerazione dei vasi non visibili.
L’obiettivo da raggiungere è la scomparsa alla vista di tutti i vasi visibili, indipendentemente dalla severità della patologia, secondo il concetto che la presenza di vene ectasiche e teleangectasie è sempre espressione di una ipertensione emodinamica che deriva da una alterazione anatomo/funzionale delle vene perforanti, che deve essere corretta.
Gli esami strumentali, come l’ecocolordoppler, sono effettuati in una modesta percentuale di pazienti con patologie evidenti o complesse, spesso già sottoposti a terapie irrazionali e inefficaci. È necessario considerare che il doppler non vede le vene perforanti inferiori ai 2 mm, la cui rigenerazione è alla base della fleboterapia. Le piccole vene perforanti, al contrario, sono ben visibili con la transilluminazione, fino alle dimensioni di una capocchia di spillo. Altre metodiche di visualizzazione sono i recenti sistemi ottici di riflessione e assorbimento, a luce verde. La realizzazione e il continuo perfezionamento di nuovi mezzi di visualizzazione vascolare ci può far comprendere come l’interesse diagnostico/terapeutico di una conoscenza minuziosa del territorio sia in rapida crescita.
Oltre alla visualizzazione, sono importanti i segni di ipertensione, ad esempio la rapida fuoriuscita del sangue dai punti di iniezione, e le informazioni che lo stesso stantuffo della siringa ci fornisce durante l’iniezione. Per una migliore comprensione della metodica è utile il confronto tra la scleroterapia e la Trap.